Commento dell’opera del Critico e Storico dell’arte Marco Dolfin
Stefania Pinci nasce a Roma il 28 Novembre 1961. L’approccio pittorico di Stefania Pinci sembra voler essere un ponte tra passato e presente; il passato dell’Impressionismo che ha portato la pittura di fine Ottocento in una dimensione nuova, quella della scomposizione, e il presente delle immagini ad altissima definizione dei moderni linguaggi di comunicazione a sua volta generata grazie ai pixel, se vogliamo attualizzazione della precedente intuizione degli impressionisti.
E non si ferma qui la Pinci, perché ricerca e ripercorre le prime tracce dell’espressione figurativa di tanti secoli fa attualizzando la classica tecnica del mosaico per modificarla, plasmarla, e trasformandola in un linguaggio completamente inedito che ne definisce l’assoluta originalità.
Le sue opere raccontano di emozioni, di tutto ciò che colpisce una sensibilità semplice, naturale, un’interiorità che non si nasconde anzi, desidera raccontare per immagini tutto ciò che riceve dall’ambiente circostante e che trasforma in sensazioni uniche e intrattenibili che devono essere manifestate.
La sorpresa maggiore tuttavia è costituita dai tasselli di mosaici pittorici, vere e proprie tessere figurative attraverso le quali ricompone o definisce il resto dell’opera, in altri casi invece le usa come cornici per esaltare il soggetto centrale, e alcune volte addirittura entrano nel centro del dipinto e sembrano voler giocare con la realtà circostante, scomporla, essere un elemento di rottura con ciò che è lineare.
Le tonalità scelte vibrano e coinvolgono l’osservatore, lo conducono dentro il mondo intenso dell’artista, gli permettono di soffermarsi sul proprio universo interiore per riflettere sulle sensazioni che normalmente, nel vivere quotidiano, sfuggono via rapide, e al tempo stesso lo spingono a domandarsi quanti di quei tasselli che la Pinci sottolinea, siano importanti per la costruzione dell’essenza di ognuno.